di Stefania Carofalo
Nel cuore di San Pietro Vernotico (BR), in una stradina tra casette alte un piano o due, attraverso i vetri della porta d’ingresso, si intravede Massimo Marangio intento a dipingere su una tavoletta poggiata a un cavalletto che lui stesso ha costruito.
Entrando nel suo studio, si respira il profumo dell’arte. Pennelli, tubetti di colore, tavolozze e molto altro è il materiale che l’artista ha sempre sottomano.
Dipinge il mare d’inverno con quei colori che trasmettono il freddo dell’acqua chiomato da spume su onde vigorose e già con l’immaginazione si è lì, proprio lì di fronte al mare a osservarlo a lungo e, come per incanto, tutti i pensieri svaniscono lasciando l’attenzione solo per quelle onde.
Lo sguardo inevitabilmente poi si sposta altrove: le pareti sono esclusivamente il sistema per appendere le tele e qualsiasi altro supporto che l’artista ha reputato adatto per accogliere un suo dipinto.
Massimo è un artista che dipinge per temi e ognuno è curato nei particolari, quei particolari che trasmettono emozioni trasportandoti, o facendoti riflettere, alle situazioni rappresentate.
E’ un artista sensibile e attento alle problematiche sociali perché ha vissuto sulla sua pelle le difficoltà durante l’infanzia, difficoltà che ha saputo trasformare in grande ricchezza perché ha sviluppato fantasia e ingegno.
Istantanee di vita restano nei ricordi legati al territorio, al rapporto stretto della vita nei campi, al punto che lo spingono a dipingere il paesaggio e la storia come se aprisse il cassetto dei ricordi. Nelle Arie crepuscolari ammiriamo i paesaggi visti all’alba mentre si recava a lavorare nei campi, così come le metamorfosi negli Ulivi del tempo, in cui raffigura gli alberi considerati il vero patrimonio di valore inestimabile per l’economia del territorio pugliese.
Conoscitore appassionato della storia e della tradizione locale, Massimo dipinge nella Terra dei briganti gli uomini, fieri enascosti nelle campagne e le donne ne I luoghi della Taranta, che si dimenano in una sorta di danza al suono del tamburello e del violino per guarire dal mal di vivere la cui causa si assoggetta al morso del ragno
Marangio tratta i supporti e i colori in funzione del soggetto da dipingere: un tavolaccio torna a nuova vita come valido supporto per la rappresentazione di situazioni “crude” accompagnate dall’uso del colore preparato all’istante con il bitume e scene sottolineate dal tratto di matita o di carbone che ne accentuano la drammaticità.
Con l’arrivo dei migranti dall’Albania, l’artista ha immaginato i paesaggi delle coste brindisine all’alba, quando c’è un lieve chiarore che lascia intravedere il paesaggio d’approdo ad una nuova vita di speranza nella collezione Balconi a Oriente.
Ne I navigli della speranza e Gente di battigia tratta il dramma dell’immigrazione, resta colpito dalle vite perdute e inghiottite dal mare al punto da intravederne tra le onde i loro volti.
Interpreta i Clochard, come uomini e donne che danno grande importanza al poco necessario per vivere, con la grande tristezza negli occhi e la solitudine di chi ha perso tutto.
In ogni suo quadro che racconta la storia, sia quella del passato che in quella più recente, si intravedono altri volti protagonisti seminascosti, o da scoprire, come anche i pensieri che prova quando dipinge e che scrive nella composizione, unitamente alla sua firma che campeggia quasi sempre in alto a sinistra.
Tra le tante scene dipinte sono appese le piccole tele quadrate I dieci pensieri su Pierpaolo Pasolini e i Dieci pensieri su Domenico Modugno, in cui ha dipinto, e in qualche modo ha immaginato, l’incontro fra Pierpaolo Pasolini e Domenico Modugno sul set del film a episodi Capriccio all’italiana in cui il regista ha voluto Modugno come interprete sul set della puntata “Cosa sono le nuvole” e questi ne ha musicato e cantato anche il testo della canzone omonima scritta da Pasolini.
Il luogo caro dei ricordi dell’artista era un piccolo riparo in cui il papà custodiva la sua Ducati 98T rossa tra le nasse usate per la pesca e le lampade all’acetilene. I soggetti dipinti legati ai ricordi sono caratterizzati dalla presenza di un telo bianco, quasi come se fosse un sipario in cui va in scena il passato che lascia intravedere la moto rossa del papà, la vecchia credenza o il trenino con il filo che lo stesso artista, da bambino, aveva costruito con dei pezzi di legno.
Il nudo femminile raffigurato è quello delle donne che hanno, per il pittore, una grande carica erotica che non sempre coincide con i comuni canoni di bellezza: sono infatti donne un po’ in la con gli anni e con i segni del tempo distribuiti sul corpo.
Le grafiche, custodite in una cartella aperta, sono davvero tante ed ecco che viene fuori un’altra caratteristica dell’artista: l’immediatezza del suo tratto sicuro e di grande effetto, sono opere dipinte, oltre che con i colori tradizionali, anche con mallo di noce, bitume o crema da scarpe, ma soprattutto con sentimento.
Alcuni soggetti su carta riguardano gli incontri di pugilato, sport praticato dal pittore, in cui i lottatori sono immortalati nelle diverse posture che mettono in risalto l’anatomia muscolare, la tensione e la contrazione; poi ci sono quelli che riguardano la tauromachia, in cui i tori hanno una postura fiera con una grande energia che prende forma dalle veloci pennellate, molti altri i temi che arricchiscono la cartella.
Massimo dipinge i suoi soggetti seguendo il bozzetto che è solo nella sua mente e, grazie alla sua esperienza e maestria, li trasferisce sul supporto prescelto così come li immagina.
Unico arredo volto agli ospiti è una poltrona vintage con un tavolino, qualche sgabello e qualche sedia perché è l’arte a predominare oltre ai cavalletti e ai tavoli da lavoro. La sua accoglienza è impeccabile, così come la sua conoscenza della storia, in parte vissuta con enfasi. Racconta ogni quadro nei particolari facendone collegamenti storici ed emozionali: è decisamente un ottimo oratore!
Altre sale dello studio custodiscono i suoi lavori: molti i dipinti su tela, carta, pannelli e cubi di legno, ben ordinati su enormi scaffali.
Tante le mostre nel suo carnet, personali e collettive con la partecipazione alle più grandi fiere d’arte nazionali e agli eventi culturali soprattutto in Basilicata, in cui ha eseguito estemporanee di pittura alla presenza interessata e incuriosita del pubblico.
Da qualche anno, per il giorno della memoria, sono raccolte e pubblicate in un libro le opere pittoriche di Massimo Marangio, che ricordano la terribile pagina della storia con l’Olocausto: le vite perse a causa dello sterminio nei campi di concentramento e della persecuzione nazista delle persone considerate appartenenti ad una razza inferiore, oltre agli Ebrei anche i Testimoni di Geova e Pentecostali, gli Zingari, gli Omosessuali e i Portatori di Handicap fisici e mentali, i cui testi e le ricerche a corredo sono curati dallo scrittore e studioso Maurizio Nocera.
Una chitarra, sempre pronta ad essere suonata, la foto in bianco e nero del papà e una gattina dividono con lui lo spazio dietro le quinte dell’arte.
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Articolo già pubblicato sul Corriere Salentino il 3 febbraio 2023