Uccio è un grazioso Riccio dei boschi e, da qualche tempo, va a scuola malvolentieri.
«Uffa, un altro giorno di scuola, non ne posso più!»
Arriva un gruppetto di bulletti che tanto gli danno il tormento
«Hai le orecchie pendule, hai le orecchie pendule sei brutto gne gne gne»
Tiriamogli in su le orecchie, magari funziona»
«Ahi ahi ahi lascatemi stare, andate via»
«gne gne gne dai tiriamogli le orecchie ancora più su! »
Driiiiin squilla la campanella e Uccio riesce a liberarsi da quei tipacci.
«In classe» grida il bidello «la ricreazione è finita», si entra in aula.
Tutti siedono al loro posto e Uccio torna al suo banchetto.
La maestra, controlla il registro, poi inizia a spiegare la vita nei boschi, guarda con attenzione tutti i suoi studenti e si accorge che il piccolo Uccio ha gli aculei in segno di difesa.
«Uccio vuoi raccontare come si svolge la tua giornata nel bosco? »
«No signora maestra»
«Ma cosa c’è Uccio? Sei strano oggi, non ti senti bene? »
«Sto bene»
«Ma cos’hai? Che succede?»
«Niente…non succede niente»
La maestra si accorge che i bulletti seduti all’ultimo banco si guardano e ridono.
«eh no, qui c’è qualcosa che non va…e non mi piace affatto! »
«C’è qualcosa che dovrei sapere?
C’è qualcuno che vuole spiegarmi cosa sta succedendo? »
Nessuno risponde, e intanto i loschi dell’ultimo banco s’inorgogliscono perché nessuno ha il coraggio di parlare.
La maestra allora, che si insospettisce del comportamento della scolaresca, decide di indagare.
Il giorno dopo, alla ricreazione, tutti escono dall’aula per sgranchirsi le zampette e mangiare qualcosa, e Uccio ha timore di uscire insieme agli altri e resta al suo banchetto insieme alla maestra.
All’uscita di scuola ecco di nuovo i monelli che lo aspettano per fargli uno sgambetto e farlo cadere. La maestra si accorge e capisce al volo cosa fare.
Il giorno successivo arriva finalmente l’orario di entrata a scuola e dopo aver fatto l’appello, la maestra mette in pratica una strategia per risolvere il problema dell’arroganza di alcuni studenti.
«Oggi spieghiamo la bellezza di essere unici. Vedete ragazzi: ognuno di noi ha una caratteristica e non è un difetto, anzi è un potere speciale perché nessuno può essere uguale a un altro».
« Voi dell’ultimo banco, vedo che imitate Billo, il vostro compagno che cammina sempre avanti a voi, e addirittura vi vestite e vi atteggiate come lui: perché fate questo? Non avete una personalità?
Raccontate a tutta la classe qualcosa di voi»
Si alza in piedi Billo e inizia a parlare «Mi danno fastidio i mocciosi e quelli che credono di sapere tutto, anche quelli che hanno sempre la merenda preparata dalla mamma. Sono tutti gne gne gnè»
Si alzano in piedi i suoi compagni Bull e Bell « Anche a noi danno fastidio. Noi siamo i capi, e qui dentro tutti devono portare rispetto alla banda dei Bill»
«Bene bene, e queste sarebbero le vostre qualità? E’ questa la vostra personalità?
Adesso vediamo cosa pensano di voi i vostri compagni» disse la maestra invitando gli studenti ad esprimere il proprio pensiero senza paura.
Uno alla volta tutta la scolaresca iniziò a parlare e tutti, proprio tutti, giudicavano allo stesso modo la prepotenza della banda dei Bill. Non erano giudizi felici, anzi, mettevano a nudo tutte le cattiverie che quotidianamente il terzetto commetteva.
Quando la banda iniziò a sentire i primi giudizi divennero rossi dalla rabbia e già farfugliavano che si sarebbero vendicati ma, sentendo che tutta la classe era contro di loro, restarono in silenzio ad ascoltare.
A fine lezione i tre si appartarono a parlare tra loro. Si rendevano finalmente conto che non potevano essere prepotenti con l’intera classe che si era schierata con Uccio. Tutti insieme formavano un piccolo esercito che non poteva essere battuto da loro tre.
All’uscita da scuola tutti i compagni si muovevano insieme, tutti erano forti delle loro idee e non lasciavano mai un compagno da solo perché la banda dei bill poteva vendicarsi.
I tre bulletti decisero che non era conveniente avere una intera classe contro né sentirsi apostrofare cattivi e prepotenti: era come se finalmente si guardassero allo specchio e quello che vedevano non era piacevole.
Bull e Bell stanchi di seguire un capo prepotente anche con loro, iniziarono a studiare e ad essere più diligenti per dimostrare che anche loro avevano delle doti.
«Finalmente posso andare a scuola felice perché quei cattivoni non mi fanno più paura! » disse Uccio alla sua mamma che lo guardava mentre prendeva al volo la sua merenda appena preparata e correva dai suoi amici a scuola.
Billo rimase solo con la sua prepotenza e alla fine dell’anno scolastico fu bocciato e l’anno successivo si mise a studiare tanto perché non voleva essere l’ultimo della classe.
Stefania Carofalo
Testo di Stefania Carofalo
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